Virgilio (Eneide)
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Eurialo e Niso -
Fra le pagine
dell’Eneide, v’è un celebre episodio d’amicizia fra due giovani,
che ispirerà molti poeti successivi. I protagonisti di tale episodio,
Eurialo e Niso, appartengono all’esercito di Enea, e sono legati da un
profondo affetto. Virgilio comincia a narrare dei due amici già dal V
libro, ambientato a Drepano, in Sicilia, dove si stanno celebrando dei
giochi funebri per ricordare l’anniversario della morte di Anchise.
Durante la gara di corsa,
alla quale partecipano anche Eurialo e Niso, il più grande è in testa, e
sembra avere la meglio, quando improvvisamente scivola sull’erba bagnata
del sangue delle vittime, abbandonando così ogni speranza di vittoria;
egli si accerta allora che questa tocchi almeno all’amico, e ostacolando
l’atleta in seconda posizione, riesce nel suo intento.
La morte di Eurialo, Guglielmo Gilardi 1458
Come si può ben capire,
il forte legame tra i due è già evidente in questa occasione, ma è solo
nel IX libro che esso assume un risalto tutto speciale.
Infatti, quando Enea parte
in cerca di alleati per la guerra contro i popoli del Lazio, i Rutuli ne
approfittano per assediare il campo Troiano, tentando anche di incendiare
le navi nemiche.
Perciò Niso decide di
correre ad avvertire Enea del pericolo affinché egli faccia ritorno, ma
assieme a lui vuole partire anche Eurialo, nonostante la giovanissima età
e i tentativi di Niso di dissuaderlo.
Così i due escono di
notte dal campo e attraversano insieme l’accampamento dei Rutuli, ma
l’idea di seminare morte e raccogliere bottino prevale sulla prudenza.
Alla fine, mentre si
allontanano, vengono sorpresi da una pattuglia di cavalieri nemici che
ordinano loro di fermarsi.
Il bottino troppo pesante
tradisce Eurialo, che viene circondato dai soldati e subito dopo ucciso da
Volcente sotto gli occhi di Niso, impotente e disperato.
A quel punto, l’unico
suo obiettivo è quello di vendicare l’uccisione dell’amico fraterno,
e scagliandosi con furia contro Volcente, lo uccide morendo subito dopo.
“Eurialo cade riverso nella morte, scorre il
sangue
per il bel corpo e, reclinando, il capo s’abbandona sulla spalla:
come un fiore purpureo che, reciso dall’aratro,
langue morendo, o come i papaveri che chinano il capo
sul collo stanco, quando la pioggia li opprime.”
“Ma poi Niso, trafitto, sull’amico esanime si getta
e nella placida morte trova alfine riposo.
Fortunati entrambi! Se qualche potere possiedono i miei versi, mai verrà
giorno che alla memoria del tempo vi sottragga,
finché i discendenti di Enea la rupe immobile del Campidoglio
domineranno e il padre dei Romani avrà impero sul mondo.”
Questo è il commento di Virgilio sulla drammatica
fine dei due eroi, che considera fortunati perché con la loro morte
gloriosa hanno consacrato il loro legame, ma soprattutto perché la poesia
terrà vivo il ricordo di loro in eterno, finchè esisterà Roma.
(Jacopo Colella, 4^A)