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Cloridano e Medoro
Ariosto, Orlando Furioso

 

Un illustre imitatore di Virgilio, che seppe creare, ispirandosi ai modelli classici, un'episodio pieno di poesia e di umana sapienza sul tema dell'amicizia è Ludovico Ariosto, che nel Canto XVIII del suo capolavoro, l ' "Orlando Furioso" ci presenta la storia di Cloridano e Medoro, ricca di alcune delle immagini più belle del poema e di motivi poetici tipici del nostro Cinquecento.

L'atmosfera iniziale è quella di una smisurata e tumultuosa battaglia, in cui i Saraceni hanno la peggio: ondeggia il sangue come un fiume, giacciono in un'orrida mistura i re e i cavalli, si avventano i lupi sui cadaveri. Da questa atmosfera nasce l'episodio di Cloridano e Medoro, due giovinetti saraceni pronti a morire per il loro ideale di gloria e per la loro reciproca dedizione: durante la notte essi abbandonano gli alloggiamenti e si avventurano sul campo di battaglia, per ricercare il cadavere del loro re e per dare onorevole sepoltura alla sua spoglia.

Cloridan, cacciator tutta sua vita,
di robusta persona era et isnella;
Medoro aveva la guancia colorita,
e bianca e grata ne la età novella,
e fra la gente a quella impresa uscita
non era faccia più gioconda e bella.
Occhi avea neri, e chima crespa d'oro:
angel parea di quei del sommo coro.

[...]

Stupisce Cloridan, che tanto còre,
tanto amor, tanta fede abbia un fanciullo,
e cerca assai, perché gli porta amore,
di fargli quel pensiero irrito e nullo;
ma non gli val, perch' un sì gran dolore
non riceve conforto né trastullo.
Medoro era disposto o di morire,
o nella tomba il suo signor coprire.

Veduto che nol piega e che non muove,
Cloridan gli risponde: - E verrò anch'io,
anch'io vo' pormi a sì lodevol pruove,
anch'io famosa morte amo e disio.
Qualcosa sarà mai che più mi giove,
s'io resto senza te, Medoro mio?
Morir teco con l'arme è meglio molto,
che poi di duol, s'avvien che mi sii tolto.-

Dai versi che riportiamo si può notare come l'idea della sortita notturna sia del più giovane Medoro, disposto a rinunciare alla vita per dare sepoltura alla spoglia del suo re Dardinello, mentre il saggio Cloridano è tratto all'impresa soprattutto dall'amicizia. Come nel famoso episodio virgiliano che vede come protagonisti Eurialo e Niso, tutto pervaso da un'intonazione drammatica ed eroica, i due giovani saraceni s'avventurano nel silenzio della notte, fanno strage di guerrieri cristiani, immersi nel sonno e infine riescono a trovare, alla luce della lina invocata da Medoro, il corpo del loro re. Sulla via del ritorno però si imbattono in un drappello di cavalieri cristiani guidato da Zerbino: Cloridano, consapevole del pericolo, depone il suo carico per darsi alla fuga, esortando il compagno a fare altrettanto. Ma Medoro prende su di sé il grave peso del corpo di Dardinello e non riesce a mettersi in salvo: Cloridano, ormai al sicuro, si accorge di essere solo e ritorna indietro disperato, in cerca dell'amico. Lo trova circondato dai cavalieri nemici e comincia a colpire dall'ombra alcuni uomini di Zerbino che, pieno d'ira, afferra Medoro per vendicare su di lui la morte dei suoi.  Ma ecco la novità introdotta dall'Ariosto con grande felicità immaginativa ed aderenza naturale all'estetica dell'aureo Rinascimento:

Or Zerbin, ch'era il capitano loro,
non potè a questo aver più pazienza.
Con ira e con furor venne a Medoro,
dicendo: - Ne farai tu penitenza-.
Stese la mano in quella chioma d'oro,
e trascinollo a sè con violenza:
ma  come gli occhi a quel bel volto mise,
gliene venne pietate e non l'uccise.

L'intervento successivo di un cavaliere "villano" che ferisce Medoro provocherà poi la morte di Cloridano, che non trova pace prima di aver raggiunto il suo amico caduto a terra, apparentemente privo di vita.

E getta l'arco, e tutto pien di rabbia
tra gli inimici il ferro intorno gira,
più per morir che per pensier ch'egli abbia
di far vendetta che pareggi l'ira.
Del propro sangue rosseggiar la sabbia
fra tante spade, e al fin venir si mira;
e tolto che si sente ogni potere
si lascia a canto al suo Medor cadere.

Ma Medoro è solo ferito e verrà poi raccolto e curato da Angelica, che finirà per sposarlo. Ecco quindi che il tono epico e dolente, che aveva caratterizzato la storia di Eurialo e Niso nell'Eneide, si stempera qui nell'episodio di Angelica innamorata, in un clima fiabesco e trepidante, tipicamente ariostesco.