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La laurea difende meglio dalla crisi

"Il XVII Rapporto AlmaLaurea registra timidi segnali di inversione di tendenza nel mercato del lavoro che fanno sperare in un 2015 più roseo". Tuttavia, "lo scenario presente e futuro, nonostante i miglioramenti registrati, resta tuttavia estremamente incerto". In ogni caso, "ancora oggi, e nonostante le difficoltà del nostro Paese, la laurea tutela il giovane sul mercato del lavoro più di quanto non lo faccia il solo diploma".

In questi commenti di Francesco Ferrante e Andrea Cammelli è sintetizzato l'ultimo Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati, redatto dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea che gestisce tra l'altro una banca dati on line dei curricula di laureandi e laureati messi a disposizione delle aziende per favorire l'incontro con il mondo del lavoro.

Il rapporto si basa su interviste a 490.000 neodottori di 65 università italiane, e mette a confronto la condizione dei diversi tipi di laureati a uno, tre e cinque anni dal titolo, indagando anche gli aspetti retributivi e la soddisfazione degli intervistati. Oltre all'analisi puntuale delle recenti tendenze del mercato del lavoro, l'indagine ha esaminato i fattori che incidono maggiormente sulle possibilità di trovare un impiego.

Nell'ultimo anno, le performance occupazionali dei laureati hanno segnato una lieve ripresa soprattutto per i laureati triennali e per i magistrali biennali. Segnali che, come confermato dai dati Eurostat, interessano anche la quota di occupati nelle professioni ad elevata specializzazione (professioni, tipicamente, positivamente correlate all'attività di investimento, di innovazione e di internazionalizzazione delle imprese), passata dal 16,9% del 2012 al 17,4% del 2013, con un distacco che, tuttavia, resta di circa sette punti percentuali rispetto alla media europea (pari al 24,2%).

A un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di disoccupazione è sceso dello 0,5%, sia per quanti si sono fermati alla laurea triennale che per quelli che hanno concluso la specialistica, attestandosi rispettivamente attorno al 26% e al 22%. Invece, si conferma il trend negativo dei laureati magistrali a ciclo unico (soprattutto per quanto riguarda medicina, architettura e giurisprudenza). Se poi si esaminano i dati degli ultimi sette anni, risalta l'aumento esponenziale dei dottori senza lavoro, passati da meno del 10 a più del 25 per cento.

La stabilità del lavoro mostra lievi variazioni nell'ultimo anno, ma rispetto all'indagine del 2008, i lavori stabili hanno subito una contrazione, pari a 12 punti tra i triennali e 6 punti tra i magistrali, mentre sono rimasti allo stesso livello tra i laureati a ciclo unico. In particolare si registra un vero e proprio crollo, in taluni casi, dei contratti a tempo indeterminato (-17% tra i laureati triennali, - 9% tra gli specialistici, -6% tra quelli a ciclo unico), compensata in parte da un incremento del lavoro autonomo: i valori medi si attestano sotto il 40%. Il lavoro nero mostra invece un calo di un paio di punti, ma riguarda pur sempre il 10% dei laureati di primo livello, il 7,5% degli specialistici e il 7% di quelli a ciclo unico.

Con il trascorrere del tempo dal conseguimento del titolo, la condizione occupazionale tende complessivamente a migliorare: a cinque anni dal titolo il tasso di disoccupazione si riduce a valori più contenuti (circa l'8%) e quello di occupazione è dell'86%, con punte del 97% per i medici e del 96% per gli ingegneri, mentre la stabilità del lavoro sale oltre il 70%. Tuttavia si registra un peggioramento di tutti gli indici rispetto alla precedente rilevazione, segno che la lunga recessione lascia un'eredità negativa i cui effetti continuano a farsi sentire.

Sul piano retributivo, il rapporto indica in circa 1.000 euro netti mensili il primo stipendio, vale a dire il 20 per cento in meno rispetto al 2008, con forti differenze geografiche, per tipologia di laurea e di genere. Dopo cinque anni, i redditi tendono a salire, ma sempre in modo ridotto rispetto alle generazioni precedenti. E' comprensibile quindi che la parte più qualificata dei laureati, quella destinata alle università e ai centri di ricerca, sia fortemente attratta da paesi esteri che offrono retribuzioni più elevate, prospettive di carriera migliori e condizioni di lavoro più appetibili.

Il rapporto evidenzia anche il valore aggiunto dei tirocini in ambiente produttivo, che valgono per un più facile inserimento lavorativo con un differenziale di circa 10 punti, mentre le esperienze all'estero valgono una probabilità di successo maggiore del 20%, ma sono ancora poco diffuse (meno di un decimo degli intervistati).

Si conferma comunque che la laurea resta ancora un investimento che paga nel lungo periodo e che tutela i giovani anche nella crisi: il tasso di disoccupazione a cavallo della recessione, ovvero tra il 2007 e il 2014, è cresciuto di 8,2 punti per i neolaureati (ovvero di età compresa tra i 25-34 anni), passando dal 9,5 al 17,7%, e di ben 16,9 punti per i neodiplomati (di età compresa tra 18 e i 29 anni), aumentando dal 13,1 al 30%.

Il rapporto e gli allegati

 

Ultimo aggiornamento: mercoledì 22 aprile 2015