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Jobs Act, in vigore i primi due decreti

Sono in vigore dal 7 marzo 2015, giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, i decreti legislativi n. 22 del 4 marzo 2015, sui nuovi ammortizzatori sociali, e n. 23 del 4 marzo 2015, sul contratto a tutele crescenti. Si tratta dei primi due decreti attuativi del cosiddetto "Jobs Act", la legge delega per la riforma del lavoro approvata dal Parlamento all'inizio di dicembre.

Il decreto n. 22/2015: ammortizzatori sociali e contratto di ricollocazione

Il decreto concerne il riordino della normativa degli ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, articolato in quattro differenti misure.

Dal 1 maggio 2015, la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASpI) subentra alle attuali AspI e mini-ASpI, che appena due anni fa avevano preso il posto dell'indennità di disoccupazione. Ne sono destinatari i lavoratori dipendenti che hanno perso involontariamente il lavoro, ad esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni e degli operai agricoli per i quali si mantiene la vecchia indennità di disoccupazione. La tutela riguarda anche le dimissioni e risoluzioni consensuali per giusta causa (ad esempio, per mancati pagamenti di stipendio, mobbing, ingiurie, molestie sessuali) ma non più quelle avvenute durante il periodo di maternità.

I requisiti per accedervi sono tredici settimane di contribuzione versati nei quattro anni precedenti e almeno trenta giorni di lavoro effettivo nell'ultimo anno. La sua durata è pari alla metà delle settimane coperte da contribuzione nei quattro anni precedenti, quindi con un tetto massimo di 24 mesi, che dal 2017 scenderà a 18 mesi. L'importo è determinato in base alla retribuzione degli ultimi quattro anni, ed è pari al 75% della retribuzione mensile se questa non supera 1195 euro; oltre questo limite, viene riconosciuto il 25% dell'eccedenza fino a un importo massimo di 1300 euro. Ogni mese a a partire dal quarto l'indennità viene ridotta del 3%. Alla NASpI non si applica la trattenuta del 5,84% prevista per le altre prestazioni di sostegno al reddito.
L'erogazione della NASpI è condizionata alla regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa e ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai servizi per l'impiego. E' possibile chiedere la liquidazione anticipata in un'unica soluzione delle indennità per avviare un'attività autonoma, imprenditoriale o cooperativa.

Per i collaboratori coordinati continuativi e a progetto, viene istituita la DIS-COLL: si tratta di un'indennità sperimentale in vigore per ora nel solo anno 2015, dato che nel frattempo è prevista la limitazione e in prospettiva l'eliminazione di questa forma contrattuale. Per ottenere l'indennità è necessario essere iscritti in via esclusiva alla Gestione separata INPS, non avere partita IVA, avere versato almeno una mensilità di contribuzione nell'anno in cui è cessato il lavoro e tre mensilità dall'anno precedente. L'importo è rapportato al reddito medio mensile dell'anno in corso e di quello precedente, con gli stessi limiti e riduzioni progressive della NASpI. La durata è pari alla metà dei mesi di contribuzione versati a partire dal 1 gennaio dell'anno precedente, con un tetto massimo di 6 mesi. La DIS-COLL si applica ai casi di disoccupazione verificatisi a partire dal 1 gennaio 2015. Le procedure di presentazione sono dettagliate nella circolare attuativa dell'INPS pubblicata il 27 aprile.

Una terza misura di sostegno al reddito, anch'essa definita sperimentale e per ora limitata al 2015, è l'assegno di disoccupazione (ASdI), destinato a coloro che abbiano fruito della NASpI per l'intera durata entro il 31 dicembre 2015, siano ancora privi di occupazione e si trovino in una condizione economica di bisogno. Nel primo anno di applicazione gli interventi sono prioritariamente riservati ai lavoratori appartenenti a nuclei familiari con minorenni e, quindi, ai lavoratori in età prossima al pensionamento. L'assegno ha durata massima di sei mesi e importo pari al 75% dell'ultima mensilità di NASpI percepita, ed è vincolato all'adesione a un piano personalizzato di reinserimento lavorativo. I criteri di accesso e le modalità di attuazione sono demandati a un successivo decreto ministeriale.

Per completare il quadro degli ammortizzatori sociali, deve ancora essere adottato il decreto di riforma della cassa integrazione, mentre rimane immutato il processo - definito dalla legge 92/2012 - di superamento dell'indennità di mobilità, già ridotta nella durata e destinata a estinguersi, assorbita dalla NASpI, dal 1 gennaio 2017.

Infine, il decreto individua come previsto uno strumento per collegare sostegno al reddito e politiche attive del lavoro. Viene stabilito che i disoccupati hanno diritto di ricevere dai servizi per il lavoro pubblici o dai soggetti privati accreditati un servizio di assistenza intensiva nella ricerca del lavoro mediante un voucher, il cui ammontare dipende dalla definizione del profilo personale di occupabilità.
Il voucher può essere speso presso un'agenzia per il lavoro, pubblica o privata, con cui il disoccupato stipula il contratto di ricollocazione, e viene materialmente versato solo se l'azione di reinserimento lavorativo ha avuto successo.
Anche in questo caso, l'attuazione di questa misura è subordinata all'adozione di un altro decreto già previsto dalla legge delega, quello su politiche attive e servizi per l'impiego.

Il decreto n. 23/2015: tutele e sanzioni per licenziamenti illegittimi

Il testo, recante "disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti", non introduce in realtà una nuova tipologia contrattuale, ma modifica in modo rilevante la disciplina dei licenziamenti dei lavoratori a tempo indeterminato, e in particolare il sistema di tutele e di sanzioni in caso di licenziamento giudicato illegittimo dal Tribunale.

La nuova normativa si applica a tutti i lavoratori, esclusi i dirigenti, i lavoratori domestici e i dipendenti pubblici, che siano stati assunti con contratto a tempo indeterminato a partire dal 7 marzo 2015. Sono inclusi nel nuovo regime anche i casi di conversione, successiva all'entrata in vigore del decreto, di un contratto a tempo determinato o di apprendistato, stipulato in precedenza, in contratto a tempo indeterminato.

Per i lavoratori assunti fino al 6 marzo 2015, resta in vigore la precedente disciplina, basata sull'art. 18 della legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) modificato dalla legge 92/2012. Quindi, nelle imprese con più di 15 dipendenti, in caso di licenziamento dovuto a motivi economici o disciplinari riconosciuto come illegittimo dal giudice, i lavoratori con contratto antecedente al decreto possono essere reintegrati nelle precedenti mansioni oppure ricevere un risarcimento del danno, sulla base delle previsioni dei contratti collettivi e delle valutazioni del magistrato.

Il nuovo regime mantiene la possibilità di reintegro nel posto di lavoro nei casi di licenziamento discriminatorio, intimato in forma orale o durante il periodo di tutela delle donne lavoratrici (primo anno di matrimonio, maternità, primo anno di vita dei figli). In questi casi rimane la facoltà per il lavoratore di scegliere, in luogo del reintegro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultimo stipendio.

Inoltre, il reintegro viene previsto nei casi di illegittimità del licenziamento cosiddetto disciplinare (per 'giustificato motivo soggettivo' o 'giusta causa') soltanto se il giudice stabilisce l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore; se invece l'inadempienza commessa dal dipendente è di lieve entità e quindi il licenziamento viene ritenuto una punizione sproporzionata rispetto alla colpa reale, il giudice non può imporre la riassunzione ma solo il risarcimento economico.

Al di fuori dei casi sopra descritti, in caso di licenziamento giudicato illegittimo, il datore di lavoro dovrà versare al dipendente un indennizzo pari a due mesi di stipendio per ogni anno di lavoro nell'azienda, da un minimo di 4 a un massimo di 24 mensilità. Rientrano in questa previsione quindi i licenziamenti disciplinari non viziati dall'insussistenza del fatto addebitato al lavoratore e tutti quelli dovuti a ragioni organizzative o economiche ('giustificato motivo oggettivo'); sono espressamente inclusi i licenziamenti collettivi, cioè di 5 o più dipendenti, avvenuti in violazione delle procedure stabilite per legge. Va ricordato che su quest'ultimo punto c'era stato un pronunciamento contrario della commissione parlamentare, di cui il governo non ha tenuto conto in sede di approvazione definitiva.

Le nuove regole prevedono anche la possibilità di ricorrere alla conciliazione veloce, nella quale il datore di lavoro offre una mensilità per ogni anno di anzianità fino a un massimo di 18 mensilità.

Non vi sono cambiamenti per le imprese con meno di 15 dipendenti, cui continua ad applicarsi la legge n. 108/1990: in caso di licenziamento discriminatorio o comunicato in forma orale o senza esplicitare la motivazione, il giudice ne dispone l'annullamento; negli altri casi di licenziamento illegittimo, è il datore di lavoro a poter scegliere tra la riassunzione e il pagamento di un indennizzo da 2,5 a 6 mensilità di stipendio.

Il Consiglio dei Ministri del 20 febbraio ha inoltre licenziato altri due schemi di decreto: uno affronta il riordino delle tipologie contrattuali, con il superamento delle collaborazioni e di altre forme ibride, e la modifica delle mansioni dei dipendenti da parte dell'azienda; l'altro è volto a tutelare maggiormente la maternità e favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Per entrambi è iniziato l'iter di consultazione parlamentare che porterà entro maggio all'approvazione definitiva.

Il decreto sugli ammortizzatori sociali

Il decreto sui licenziamenti illegittimi

Lo schema di decreto su forme contrattuali e modifica delle mansioni

Lo schema di decreto su maternità e conciliazione

 

Ultimo aggiornamento: martedì 28 aprile 2015