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Famiglie e lavoro nell'età della crisi

La perdita di lavoro ha effetti diversi in relazione alla struttura del nucleo familiare di provenienza: se a restare disoccupato è un lavoratore o una lavoratrice componente di una famiglia con figli o con anziani non percettori di reddito, gli effetti sociali si moltiplicano. Se poi si tratta di famiglie monoreddito la perdita del lavoro assume una dimensione ancora più penalizzante, viste le difficoltà a ritrovare lavoro.

Per analizzare questi effetti Italia Lavoro, ente strumentale del Ministero, ha prodotto il rapporto annuale "Famiglie e lavoro", riaggregando i dati ISTAT sulle forze di lavoro degli ultimi dieci anni in relazione alla composizione delle famiglie.

Tra il 2004 ed il 2013 la struttura familiare ha subito una significativa trasformazione: le coppie con figli, pur restando la maggioranza (oltre 9 milioni) sono diminuite percentualmente dal 42,5% al 36,7%, mentre sono aumentate le persone sole (da 5,7 a 8 milioni) e le forme monoparentali con uno o più figli a carico (da 1,7 a 2,1 milioni): la soglia di sostenibilità economica si abbassa quindi sensibilmente, non essendo possibile ridistribuire le chance di lavoro su altri membri. Tuttavia nel 2013 le famiglie con figli hanno percentuali di occupazione maggiori di quelle senza figli: l'89% delle coppie con figli ha al suo interno almeno un occupato, così come il 71,8% dei nuclei monogenitori. La disoccupazione sembra riguardare relativamente di più persone sole e coppie senza figli: ne consegue un maggiore rischio di marginalizzazione delle persone anche se, in positivo, c'è una maggiore tutela dei giovanissimi, che possono contare su un sostegno familiare. Diversa è ovviamente la condizione delle madri: tra queste, ha un impiego il 50% di quelle con un partner e il 62% delle single.

La partecipazione al mercato del lavoro delle famiglie è scesa da un valore stabile fino al 2007 (attorno al 63%) all'attuale 59,8%, con vistose differenze territoriali: nel Nord è superiore alla media, con punte del 70% a Bolzano, mentre le regioni meridionali segnano non solo percentuali più basse (con Calabria e Sicilia sotto il 50%) ma anche riduzioni più marcate nell'ultimo quinquennio (fino a 6-7 punti in Calabria e Puglia). In Emilia Romagna le famiglie con un componente occupato sono il 63,7%, cioè 2 punti in meno del 2007.

Le famiglie prive di redditi da lavoro o da pensione sono quasi 2 milioni (7,7% del totale) e di queste 500.000 sono madri single che devono accudire i figli senza poter contare su un proprio stipendio. Le famiglie con un componente "neet" sono 2,2 milioni, pari al 31% dei nuclei con almeno un membro nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni, e ben il 13% di queste ha addirittura più di un giovane estraneo ai circuiti del lavoro e della formazione.

Il rapporto ha poi individuato quattro tipologie di famiglie in relazione alle difficoltà di rapporto con il mercato del lavoro.
I nuclei con alta sofferenza occupazionale, cioè con componenti adulti senza lavoro, sono circa 4 milioni (21%), di cui il 60% con figli; altri 6 milioni (34%) vivono una condizione precaria in quanto monoreddito o con lavoratori part-time e generalmente con figli in età giovanile. Le famiglie con piena occupazione sono 4 milioni e mezzo (24,4%), composte in quasi metà dei casi da persone sole. Un quarto gruppo, un po' al di sotto dei 4 milioni (20,5%), comprende soprattutto lavoratori autonomi e presenta una condizione relativamente positiva, pur con aree di criticità (il 7,2% ha almeno un componente alla ricerca di lavoro).

Il testo del rapporto

 

Ultimo aggiornamento: giovedì 27 novembre 2014