IL MONUMENTO DI MONTE SABBIUNO
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  Sabbiuno, dicembre 1944
I RASTRELLAMENTI, GLI ARRESTI,
LE FUCILAZIONI

(di Alberto Preti)


14 e il 23 dicembre 1944
dal carcere di San Giovanni in Monte due gruppi di prigionieri, incolonnati a piedi o su camion coperti, vennero condotti attraverso le strade del centro di Bologna verso le colline fino a Sabbiuno dove furono fucilati. Nel dopoguerra i loro cadaveri vennero ritrovati in fondo al calanco dalle pareti del quale erano stati fatti precipitare.
Questi prigionieri erano partigiani rastrellati dai nazisti tedeschi e dai fascisti italiani nella zona nord est di Bologna fra Anzola, Calderara di Reno e Amola di Piano dove avevano le loro basi un distaccamento della 7° Gap e della 63° brigata “Bolero”.In questa zona molte famiglie coloniche offrivano nella propria casa e nei fienili un indispensabile appoggio, logistico e strategico, al movimento partigiano: ciò mostrava il grande radicamento della lotta di liberazione in quelle zone legato strettamente alle lotte sociali scaturite, fra l’altro, dalle drammatiche condizioni di lavoro e di vita.
 
 



L’inverno del 1944 fu un momento molto difficile per la Resistenza: il fronte si era fermato sulla linea gotica, mentre il Cumer (Comando unico militare Emilia Romagna) aveva predisposto l’avvicinamento dei partigiani a Bologna, per preparare la difesa e l’insurrezione in coincidenza con il previsto, ma poi rimandato, attacco decisivo degli alleati. L’azione antipartigiana a Bologna, città del retrofronte, si intensificò: basti ricordare l’arresto e la fucilazione del gruppo dirigente del partito d’azione avvenuto il 20 ottobre. Il 7 e il 15 novembre la battaglia di Porta Lame e lo scontro della Bolognina spinsero i partigiani ad uscire dalla città e tornare nelle sedi operative della campagna, questa decisione fu presa anche in seguito al proclama in cui il generale Alexander ordinava alle maggiori formazioni partigiane di smobilitare, sottrarsi all’offensiva del nemico, mantenere attivi solo piccoli gruppi.

 


I partigiani si trovarono, quindi, sempre più scoperti. Iniziarono i rastrellamenti nella zona di Anzola dove molte basi dei resistenti vennero scoperte grazie alle indicazioni di fascisti infiltrati e di due tedeschi che erano stati nelle file partigiane. I nazisti ed i fascisti entrarono nelle case coloniche, le perquisirono, portarono via gli uomini e i ragazzi e li ammassarono nelle scuole comunali; in qualche caso bruciarono le abitazioni, in altri si limitarono a razziare animali, a rubare denaro e frumento. Il 5 dicembre i nazisti e i fascisti compirono un rastrellamento di ampie dimensioni che aveva come base Amola di Piano e che abbracciava le campagne a nord della frazione e del capoluogo in direzione di Decima. I tedeschi cercarono i partigiani e, in seguito alle delazioni, andarono a colpo sicuro, ma rastrellarono ugualmente anche persone che passavano sulle strade e parenti dei partigiani. (Continua)


 

 

 

 

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SACRARIO AI CADUTI DELLA RESISTENZA NEL PARCO COLLINARE