"LE CITTÀ INVISIBILI" E I LORO NOMI

Natalija kharlampijeve, The Pony with the Hump

Italo Calvino ha scelto come protagoniste del suo libro le città che Marco Polo ha visitato durante i suoi lunghi viaggi, alle quali ha attribuito alcuni nomi di donna, anche fra i più strani.

Dall’analisi di alcuni di questi appellativi vediamo come il loro significato sia in relazione alla descrizione del narratore secondo un rapporto di analogia o di contrasto.


ANALOGIA

DESPINA (Le città e il desiderio 3.); propriamente il culto della signora o la signora presso gli antichi Greci. Questa è indicata come città di confine fra due deserti: quello fatto d’acqua e quello di sabbia. Gli uomini assumono un atteggiamento di venerazione verso questa città, intermediaria fra il mare e il deserto: dunque il nome scelto da Calvino sottolinea la caratteristica fondamentale.

ZOE (Le città e i segni 3.); dal greco significa vita.

A Zoe tutto è molto simile e il viaggiatore si perde spesso. Il narratore nelle ultime frasi che concludono il suo racconto esprime il suo giudizio dicendo se l’esistenza in tutti i suoi momenti è tutta se stessa, la città di Zoe è il luogo dell’esistenza indivisibile. Questa frase piuttosto difficile sta ad indicare, a mio avviso, che non è necessario che tutto sia differenziato per creare la vita, e mi rievoca l’idea del "brodo primordiale".

Troviamo dunque nella scelta dell’autore un’analogia evidente.

EUFEMIA (Le città e gli scambi 1.); la sua etimologia greca è dalla bella parola.

Questo è il racconto dove il tema principale di questa serie è più evidente: qui a Eufemia non ci sono solo scambi commerciali, ma soprattutto scambi di pensieri, emozioni e sentimenti che tramite poche parole assumono connotati diversi a seconda di chi li esprime, dove mercanti di sette nazioni convengono a ogni solstizio ed equinozio, e dove a ogni parola che uno dice[…], gli altri raccontano ognuno la sua storia […].

PIRRA (Le città e il nome 3.); dal greco che significa infuocata. L’immagine del fuoco ci richiama alla mente quel calore ardente, così luminoso che abbaglia la vista: proprio questa è la città di Pirra: da quel momento in poi il nome Pirra mi richiama alla mente questa vista, questa luce, questo ronzio, quest’aria in cui vola una polvere giallina: è evidente che significa e non poteva significare altro che questo.

EUDOSSIA (Le città e il cielo 1.); dal greco, dalla giusta opinione. Infatti Eudossia è il frutto del responso di un oracolo per cui gli auguri hanno costruito la città e ne hanno riportato schematicamente le caratteristiche su un tappeto dal quale i viaggiatori possono ritrovarsi se si sono persi.

L’autore dunque ha scelto un nome che rispettasse il suo proprio significato etimologico.

PENTESILEA (Le città continue 5.); dal greco, colei che reca sofferenza. Qui la descrizione ci appare quasi inquietante poiché non c’è nella città né un inizio né una fine, il che sconvolge un po’ il lettore: questa è una città degradata dove la ricchezza non esiste e forse neanche la sofferenza, ma la tristezza senza ombra di dubbio sì. Questa particolare visione della città, sotto uno dei suoi tanti aspetti, potrebbe rappresentare lo specchio della società odierna, dove nessuno ha tempo di "vivere".


CONTRASTO

SOFRONIA (Le città sottili 4.); dal greco, la virtuosa, la temperante. La città si compone di due mezze città: quella delle giostre, dei balocchi e la città delle istituzioni: la prima sempre fissa, la seconda provvisoria. Così ogni anno arriva il giorno in cui i manovali staccano i frontoni di marmo, calano i muri di pietra, i piloni di cemento…. Qui resta la Sofronia dei tirassegni e delle giostre, e comincia a contare quanti mesi, quanti giorni dovrà aspettare prima che ritorni la carovana e la vita ricominci. A questo punto non posso fare a meno di pormi una banale domanda: è forse questa la città saggia?

EUTROPIA (Le città e gli scambi3.); dal greco, dal grande sviluppo(ben sviluppata). Effettivamente questa città è molto sviluppata soprattutto in estensione: tante città, una diversa dall’altra, dove gli uomini si trasferiscono in comunità per rinnovare per poco tempo la loro vita sempre insoddisfatta. È dunque un’estensione inutile, dato che gli abitanti tornano a recitare le stesse scene con attori cambiati; ridicono le stesse battute con accenti variamente combinati; spalancano le bocche alternate in uguali sbadigli.

EUSAPIA (Le città e i morti 1.); dal greco e dal latino, il ben sapere, l’essere saggia. È strano come viene rappresentata la saggezza a Eusapia: gli abitanti per rendere più piacevole la morte hanno costruito una città identica a quella terrena, sottoterra, così che ormai, si dice, non si riesca a riconoscere quale sia quella dei vivi e quella dei morti. Il modo di agire degli abitanti di Eusapia è stato inutile e profanatorio. La smania di voler sapere tutto, più di tutti è una caratteristica e per meglio dire un brutto difetto del mondo attuale. Calvino l’ha voluta rappresentare in questo modo che è assai efficace e anche qui etimologia e narrazione corrispondono anche se inizialmente può sembrare di no; il tutto appare ironico.

PROCOPIA (Le città continue 3.); dal greco, tagliata prima, davanti. Con sottile ironia il narratore descrive i suoi soggiorni a Procopia.

Qui non c’è nulla di "tagliato" o diviso, anzi sembra, è effettivamente ogni volta raddoppiato o per lo meno aumentato. Qui anche la scelta del nome ha il suo significato ironico nel racconto.

(Giulia Zanetti)