Paolo Pezzino
Relazione al corso di aggiornamento per insegnanti Le stragi
e le violenze nazi-fasciste durante la II guerra mondiale
GUERRA AI CIVILI. LE STRAGI TRA STORIA E MEMORIA
(scarica
il documento completo in formato rtf)
1) Nuove ricerche
Un gruppo di ricerca nazionale ha censito, catalogato e analizzato
le stragi di popolazione civile commesse dall'esercito tedesco
e da reparti della Repubblica Sociale Italiana in alcune significative
regioni italiane, utilizzando la documentazione da archivi
italiani,britannici, statunitensi e tedeschi, e la raccolta
di testimonianze orali, per analizzare compiutamente sia le
modalità dei singoli episodi, sia le politiche della
memoria costruite attorno a essi. Le zone individuate sono
significative sia dal punto di vista geografico (Napoli e
la Campania, la Puglia, la Toscana, l'Emilia e Romagna), sia
dal punto di vista delle tipologie individuabili per i massacri
e le politiche della memoria. Infatti si tratta di aree nelle
quali avvennero i primi massacri tedeschi in Italia (nel territorio
napoletano a partire dal settembre 1943), ma nelle quali la
memoria degli stessi è stata rimossa ed espulsa dal
discorso pubblico; di un'area, come quella Toscana, dove la
"guerra ai civili" è stata caratterizzata
da una particolare intensità, soprattutto nella primavera
estate 1944, e dove sono rintracciabili parecchi casi di memoria
divisa; infine di una zona, l'Emilia e Romagna, nella quale
la politica del terrore trova attivi, accanto a quelli tedeschi,
raparti della Repubblica sociale, in una logica di guerra
civile, ricomposta tuttavia dopo la guerra nella costruzione
di un'identità regionale "rossa", e quindi
antifascista.
Mancava finora un censimento di questi episodi, che li collocasse
in un contesto storico preciso: non sapevamo quanti fossero
attribuibili a rappresaglie per azioni partigiane o si collocassero
piuttosto in una logica di terrorismo verso le popolazioni
civili; non conoscevamo spesso né l'esatto numero delle
vittime, né i reparti responsabili di simili episodi.
Alcuni episodi erano ancora oscuri nelle modalità di
svolgimento e, soprattutto, nelle motivazioni che li hanno
provocati. Non era stata analizzata, se non in pochi casi,
la memoria elaborata a livello comunitario, e la sue caratteristiche
di memoria divisa o integrata nella celebrazione ufficiale
del lutto.
Il tentativo è stato quello di una più precisa
collocazione delle stragi nella storia, ricostruendo le strutture
di potere, le logiche e i condizionamenti culturali che le
resero possibili, i comportamenti e le finalità dei
vari protagonisti, l'evoluzione complessa della memoria dei
sopravvissuti, le modalità con le quali la memoria
comunitaria sia stata assunta, od espulsa, dal paradigma antifascista
dell'Italia repubblicana. Siamo partiti infatti dalla convinzione
che in una strage interagiscono tre attori: chi la compie
(cioè i tedeschi, spesso coadiuvati da elementi locali
fascisti o da reparti della Repubblica Sociale), le popolazioni
civili che le subiscono, ma anche i partigiani, che della
minaccia di rappresaglia indiscriminata da parte tedesca hanno
dovuto tenere conto nell'elaborazione di strategie politiche
e tattiche militari, fornendo risposte spesso anche assai
differenziate. Solo ricostruendo le modalità delle
interazioni tra questi tre attori sarà possibile uscire
dal racconto di singoli episodi, sempre unicamente tragici
per i sopravvissuti, per i quali ogni massacro ha una sua
particolarità che lo rende unico, per trovare rispondere
che ad alcuni nodi tematici generali di grande interesse.
Da questo punto di vista ci interessava anche sottoporre a
verifica le posizioni di chi, come Leonardo Paggi, ha scritto
che "il massacro si configura come un'azione 'gratuita',
avulsa, nonostante le apparenze, da una logica strumentale
del tipo mezzo-fine". A suo avviso solo apparentemente
l'eccidio risponde alle necessità belliche, alla repressione
dell'attività partigiana, alle finalità di una
rappresaglia, dato che comunque "la politica di indiscriminata
repressione provoca una crescente opposizione geometrica della
opposizione armata al regime di occupazione militare. Per
riprendere la distinzione avanzata da Freud in Considerazioni
attuali sulla guerra e la morte del 1915, la politica del
massacro, assolutamente inspiegabile in termini di 'interessi',
si configurerebbe invece come il prodotto di una 'passione',
che cerca di camuffarsi e autolegittimarsi appellandosi alla
razionalità di un interesse". E, nello stesso
volume, Angela Scali propone l'interpretazione del massacro
come "la manifestazione più lucida del punto di
massima aberrazione umana, un'esplosione di follia totale"
.
E' un'interpretazione che non mi convince: sia il caso di
Civitella Val di Chiana, al quale Paggi si riferisce, sia
molti altri fra quelli da noi presi in esame dimostrano che
un qualche risultato la "politica" delle stragi
lo ottenne: a volte infatti, e più frequentemente di
quanto non si sia finora ammesso, le rappresaglie hanno attivato,
od allargato, le fratture tra popolazioni e partigiani, impedendo
a questi ultimi di dispiegare tutto il proprio potenziale
militare. Una qualche razionalità strumentale a chi
programmò i massacri va quindi riconosciuta, e bisogna
analizzare la loro logica interna con il distacco dello scienziato
sociale, come un vero e proprio oggetto di ricerca. Ciò
significa piuttosto riportare lo studio dei massacri ad un'attenta
contestualizzazione che consenta di evitare richiami, che
non spiegano molto sul piano analitico, all'irrazionalità
del male, o al substrato immodificabile di violenza della
natura umana, al terrore fine a se stesso. Paggi afferma anche
che il "massacro nazista è un rituale che si ripete
ossessivamente senza variazioni di sostanza", ma tuttavia
"destinato ad assumere significati molto diversi a seconda
del modo in cui esso si dispone nella memoria della comunità
dei sopravvissuti". A noi sembra che dal punto di vista
del contesto storico, i massacri di civili che hanno accompagnato
la campagna d'Italia si inseriscano invece in fasi diverse
(almeno cinque ne hanno individuate Collotti e Matta in un
primo studio di sintesi , e tre fasi ha individuato Klinkhammer
. Quanto alle tipologie di episodi, Collotti e Matta ne hanno
individuate otto, il nostro gruppo ne ha elaborate cinque:
a dimostrazione della estrema varietà di situazion,
ma anche della possibilità di arrivare ad un'enucleazione
di caratteristiche comuni.
(scarica
il documento completo in formato rtf)
<
Indietro