Marie-Louise Lentengre, Apollinaire le nouveau lyrisme, Paris, Jean-Michel Place, 1996, pp. 237.

Discontinuità di ispirazione e scarsa coscienza teorica della propria modernità: ecco l'opera di Apollinaire nell'immagine lungamente accreditata dalla doxa. Tradizione e innovazione si porrebbero nella sua opera come termini scissi e Apollinaire in definitiva non sarebbe che un simbolista erudito, o, nella migliore delle ipotesi, un semplice precursore del surrealismo - termine coniato da lui stesso e "strumentalizzato" da Breton per il suo movimento, nel 1924.
Con Apollinaire le nouveau lyrisme, Marie-Louise Lentengre - purtroppo prematuramente scomparsa - ci consegna una lettura lucida del poeta che già in passato aveva contribuito a reinterpretare criticamente. Apollinaire, additando nel 1918 - con la sua ultima opera, Calligrammes de la guerre et de la paix - la strada di un meditato "rappel à l'ordre", legava strettamente "ordre" e "aventure" in una sintesi che intendeva salvare i frutti migliori delle avanguardie (audacia, invenzione, sorpresa) e difendere un lirismo radicato nella tradizione.
Nella prima parte del saggio, la studiosa passa in rassegna e smonta i principali (pre)giudizi critici su Apollinaire. Tra l'altro non esita a classificare la lettura che ne diede Breton come una visione ad uso e consumo del surrealismo, dove l'opera apollinairiana veniva arbitrariamente vista in parte come precorritrice del surrealismo stesso e in parte rifiutata aspramente. In ogni caso sacrificata, nella sua ricerca pluridirezionale e non riducibile a unità, al dogmatismo dell'unico "grande" movimento del XX secolo. Nella seconda parte invece, Marie-Louise Lentengre legge con attenzione i testi del poeta e ne ricava le prove delle proprie affermazioni critiche: definisce in tal modo il "nuovo lirismo" di Apollinaire e gli restituisce tutta la sua originalità e modernità. Riemerge così la figura di un instancabile esploratore del caos del mondo e creatore di poesia, teso all'"invenzione permanente"; di un novello Orfeo la cui quête rimanda a un'apertura troppo a lungo scambiata per inconsistenza e incoerenza e che altro non è se non una perenne sete di realtà, un viaggio che ricollochi la vita, l'esistente, il mondo sensoriale, alla radice della poesia (Realtà + innovazione : "Nouveau lyrisme, nouveau réalisme, surréalisme...", p.223). [Eleonora Conti]


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