Michele Santoro
L'informazione scientifica in rete
Le possibilità dell'editoria elettronica


L'avvento delle nuove tecnologie, l'esplosione delle reti telematiche e l'affermarsi dei prodotti multimediali sono i fattori che hanno contribuito in maniera determinante al successo dell'editoria elettronica: basta difatti affacciarsi in Internet per ritrovarvi non solo una quantità di riviste, newsletter, fanzine ed altri documenti espressamente concepiti per un uso di rete, ma anche una vasta serie di libri e di periodici (quotidiani compresi) nati per il supporto cartaceo e solo di recente tradotti in formato digitale. Nell'impossibilità di esplorare un ambito così sfaccettato e complesso, prenderemo in esame soltanto un aspetto del problema, e cioè l'impiego dell'editoria elettronica nelle pubblicazioni accademiche e scientifiche, e la conseguente conversione delle più importanti riviste internazionali dal supporto cartaceo a quello digitale.

La necessità di adottare sistemi di comunicazione rapidi ed efficaci è un problema cruciale per la comunità scientifica: i tradizionali strumenti di diffusione delle conoscenze - le riviste e, in misura maggiore, i libri - presentano infatti tempi di realizzazione e di trasmissione del tutto inadeguati, specie in quegli ambiti in cui la tempestività dell'informazione è di fondamentale importanza per l'avanzamento delle conoscenze e la prosecuzione delle ricerche. D'altra parte la rivista, ossia lo strumento di comunicazione scientifica per eccellenza, è rimasta sostanzialmente immutata da oltre tre secoli, da quando cioè ha fatto la sua comparsa sulla scena dell'informazione: non diversamente da allora, la rivista si presenta oggi come un insieme di articoli selezionati in base al loro valore scientifico, revisionati da un comitato di esperti e messi a disposizione della comunità internazionale. Tale strumento offre non pochi vantaggi agli studiosi, in quanto rende pubblici i risultati delle ricerche, li convalida da un punto di vista scientifico e ne assegna la priorità ai rispettivi autori; ma allo stesso tempo mostra limiti notevoli, consistenti nei costi sempre crescenti (con conseguenti problemi di acquisizione e di mantenimento da parte delle biblioteche), e soprattutto nei tempi eccessivamente lunghi, dovuti alle esigenze di filtro e di revisione scientifica non meno che alle difficoltà ed alle lentezze della trasmissione postale.

Una risposta ai problemi dell'editoria convenzionale è dunque fornita dalle pubblicazioni elettroniche, che sono in grado di veicolare le informazioni scientificamente rilevanti attraverso strumenti non cartacei. Il percorso che ha condotto all'attuale situazione editoriale, sempre più orientata verso la trasmissione e la ricezione via rete degli articoli, ha preso il via agli inizi degli anni Sessanta, quando un rapporto dell'UNESCO mise a fuoco le difficoltà in cui si dibattevano le tradizionali riviste scientifiche; bisognerà tuttavia aspettare il 1980 per il primo progetto di editoria digitale, l'Electronic Information Exchange System, realizzato presso il New Jersey Instutute of Technology e comprendente un newsletter, un sistema di diffusione elettronica degli articoli e una rivista diretta da un editor coadiuvato da esperti. Tra gli esperimenti che da allora si sono succeduti, ricordiamo il programma britannico BLEND, che ha dato vita alla rivista Computer Human Factors, ed il francese DBMIST, che ha prodotto l'interessante JournalRevue dedicato alle scienze dell'informazione; gli scopi di questi pionieristici progetti tendevano a superare i lunghissimi tempi di realizzazione delle pubblicazioni convenzionali, rendendo gli articoli disponibili su un server sotto la sola responsabilità del proprio autore. Negli stessi anni venivano realizzate delle repliche digitali di riviste cartacee sia ad opera di editori commerciali che di istituzioni accademiche; contemporaneamente nascevano importanti newsletter elettronici quali Online Chronicle, Videotech, eccetera.

Da allora, grazie agli sviluppi della tecnologia digitale, si è assistito ad un fortissimo incremento delle pubblicazioni elettroniche; ma è solo con l'esplosione delle reti telematiche che questa forma editoriale ha trovato la sua definitiva consacrazione: allo sviluppo di Internet, com'è noto, hanno concorso in misura determinante i gruppi scientifici ed accademici internazionali, per i quali era essenziale che lo scambio delle informazioni avvenisse tempestivamente; l'opportunità di replicare sulla rete i vantaggi delle riviste cartacee è stata dunque sfruttata sia dagli scienziati sia dagli editori commerciali, che hanno contribuito alla realizzazione di progetti sempre più interessanti ed ambiziosi.

Nella compagine scientifica la figura di maggior spicco è senz'altro quella di Stevan Harnad. Docente di psicologia all'università inglese di Southampton, Harnad ha fondato e diretto per oltre quindici anni la prestigiosa Behavioral & Brain Sciences, una rivista "tradizionale" basata su un sistema di refereeing assai rigoroso e selettivo. Consapevole dell'inadeguatezza dello strumento cartaceo ai fini di una rapida diffusione delle informazioni, fin dalla metà degli anni Ottanta Harnad ha rivolto la sua attenzione alle reti telematiche ed ai vantaggi che potevano derivarne per l'editoria scientifica: le sue riflessioni, tradotte in un'interessante serie di articoli, sono sfociate poi nella fondazione di Psycoloquy, una rivista elettronica che mantiene le caratteristiche di selettività e di filtro scientifico della precedente pubblicazione, ma che sfrutta tutte le potenzialità di Internet al fine di agevolare i contatti fra i collaboratori e facilitare la trasmissione degli articoli; questi ultimi, una volta superato il vaglio degli esperti, vengono immessi in rete e resi disponibili gratuitamente.

Ma le proposte di Harnad per incentivare l'editoria digitale non si sono fermate a Psycoloquy: di recente infatti lo studioso ha invitato la comunità scientifica a superare il sistema di pubblicazione convenzionale immettendo direttamente in Internet le versioni preliminari degli articoli, in modo da rendere noti in tempo reale i risultati delle ricerche. Tale criterio, rileva Harnad, è già adottato dai fisici, dagli astronomi e da tutti quegli scienziati che fanno della condivisione delle esperienze un criterio euristico fondamentale; l'esempio più consistente viene dal Los Alamos National Laboratory, dove Paul Ginsparg, fisico delle alte energie, da anni del raccoglie e mette in rete i preprint degli articoli che centinaia di colleghi gli inviano per posta elettronica: nulla impedisce dunque che quest'esempio possa essere seguito dagli studiosi delle altre branche del sapere. Se ciò avvenisse, sostiene Harnad, s'innescherebbe un "effetto domino", una sorta di reazione a catena che condurrebbe ad un sensibile calo nella pubblicazione di articoli in riviste cartacee, con la conseguente riduzione degli abbonamenti da parte delle biblioteche e dei centri documentari: l'inevitabile risultato di questo stato di cose sarebbe dunque la conversione di tutti i prodotti editoriali nel formato elettronico. Questa ipotesi però, a parere di Harnad, non presuppone la scomparsa degli editori commerciali, per i quali invece si delinea un ruolo del tutto nuovo, consistente non solo nel tradurre le opere in formato digitale e nel diffonderle su un piano internazionale, ma nell'operare una scelta qualitativa fra la massa di pubblicazioni disponibili attribuendo loro autenticità e autorevolezza.

Tuttavia l'ostacolo maggiore sulla strada di un pieno sviluppo dell'editoria elettronica risiede nella difficoltà di individuare criteri di tutela della paternità intellettuale delle opere circolanti sulla rete: infatti, a differenza di quanto avviene con le pubblicazioni a stampa, nell'ambiente digitale l'informazione può essere catturata, manipolata e alterata senza che di ciò resti traccia alcuna; riguardo al copyright, il mondo di Internet è dunque assai più incerto, sfumato, ricco di contraddizioni, e finora non si sono registrati precisi interventi legislativi in difesa di un patrimonio culturale così vasto e importante. Ma se è vero che "copiare" nell'era digitale è più veloce, più economico e più facile che in passato, è altresì vero che autori ed editori possono esercitare un ruolo "educativo", comunicando via rete con i propri interlocutori ed indicando quale impiego è possibile dei materiali messi a disposizione: si viene così a stipulare una sorta di contratto morale che permette di incentivare le prospettive dell'editoria elettronica evitando un uso scorretto dei documenti.

 

  • Bibliografia

     


    [versione cartacea: n. sei-undici, 1997, pp. 38-40 - versione web: 1996, n. 2, II semestre]

     


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