La posta del cuore (2)

Giunti alla conclusione del primo anno di vita di ´Bollettino '900ª, potremmo a questo punto cominciare a delineare il bilancio di una esperienza che, conclusa in brevissimo tempo una fase sperimentale, si Ë rapidamente affermata come solida realtý: particolarmente positivo risulta poi il bilancio relativo alla posta ricevuta, in primo luogo sotto un profilo meramente quantitativo, ma soprattutto secondo una valutazione qualitativa. Nel corso di questi primi dodici mesi lo scambio epistolare (principalmente elettronico, come auspicavamo) non ci ha fatto pervenire soltanto attestazioni di stima, simpatia o interesse (per le quali siamo sempre comunque riconoscenti), ma ha saputo dar vita a un dialogo che si Ë presto rivelato prezioso strumento di crescita, materia vitale per il farsi stesso del Bollettino. PerciÚ non esitiamo ad invitare tutti i lettori a contribuire a questo dialogo, scusandoci se per ora lo spazio che ad esso viene specificatamente dedicato Ë poco, ma avvertendoli che in realtý esso si protrae in tutte le pagine: sono poi allo studio altre ipotesi, soprattutto per la versione elettronica.
Tale spazio, frattanto, ben si presta ad essere utilizzato quale luogo deputato a rettifiche e chiarimenti, soprattutto circa ruolo e scopi del Bollettino, come pure dell'Associazione Culturale omonima, nata intorno ad esso.
Argomento di questa rivista, come esplicitato nel sottotitolo, vuole continuare ad essere l'Italianistica, la critica della letteratura italiana, e non l'elettronica: quest'ultima rappresenta per noi uno strumento, sul quale, certo, Ë opportuno talora soffermarsi con riflessioni e interventi di ´calibraturaª, ma che non potrý mai occupare la centralitý dei nostri interessi. Non sorprenda dunque trovare proprio nel ´regno del nuovoª, su Internet, quei contenuti ´tradizionaliª che potrebbero fare storcere il naso a taluni: parlare di applicazioni informatiche all'Italianistica non significa dover rinunciare al bagaglio di questa giý troppo bistrattata disciplina per dedicarsi all'ingegneria elettronica. Significa viceversa che gli studiosi di letteratura dovranno saper integrare talune competenze e strumenti specifici dell'informatica nel campo del proprio sapere, ma sempre sotto il controllo di quest'ultimo, per procedere poi, e alla luce di quanto si andrý verificando, ad un suo accurato riassetto; dovranno insomma guidare questa immissione e non farsi guidare da essa, ´educareª la macchina pi˜ che ´farsi educareª.
Non abbiamo intrapreso questa strada semplicemente perchÈ appassionati del nuovo ad ogni costo: siamo consapevoli della trasformazione inevitabile che differenzierý, ancora una volta, gli uomini di oggi e di ieri, nel momento in cui la memoria magnetica affianca gli altri supporti; e, allo stesso modo, che determinate conoscenze dovranno far parte del patrimonio culturale di tutti. Ma il cambiamento di paradigmi, persino la ´rivoluzione scientificaª, non comportano mai una drastica tabula rasa, e non devono perciÚ indurre atteggiamenti catastrofistici nÈ, tanto meno, entusiasmi immotivati: la bontý di un mezzo, come di un sistema teorico, dipenderý dalla disponibilitý ad usarlo per arrivare a risultati (anche a costo di errori e vicoli ciechi), dalla sua funzionalitý nell'aprire e sviluppare nuove prospettive, nuovi percorsi; non certo da proprietý aprioristicamente intrinseche. Siamo convinti che occorra allora riflettere, ponderare gli usi della macchina a partire non tanto dalle sue virt˜ e proprietý in senso assoluto, ma da una attenta ricognizione in questo senso del campo di applicazione, riprendendo e riconsiderando tutti gli strumenti critici ´tradizionaliª: similmente l'invenzione dei mezzi di trasporto a propulsione meccanica ha certamente cambiato il nostro modo di concepire lo spazio ed il tempo, ma per viaggiare con essi non abbiamo dovuto abolire la nostra conoscenza geografica, azzerare i criteri di orientamento; piuttosto approfondire la prima ed affinare i secondi.
La tentazione di alcuni umanisti (anche per via della vergogna che spesso costa fare questo mestiere), appena venuti a contatto con il mezzo informatico, potrebbe essere quella di trasformarsi in ingegneri, col risultato di non fare pi˜ un lavoro di cui crediamo ci sia bisogno, per mettersi a fare (con poco di successo) il mestiere d'altri, o peggio di affogare in sterili ´pseudodialoghiª come il professor Dempsey di David Lodge. Gli stessi ´ingegneriª, del resto, hanno un detto significativo per descrivere il comportamento dell'elaboratore: garbage in, garbage out. In altri termini, la macchina puÚ fare solo ciÚ che Ë istruita a fare, e non preoccuparsi di come organizzare il senso delle sue operazioni puÚ rischiare di renderle ridondanti: la macchina non stabilisce da sola i propri obiettivi, ed affidarsi ciecamente ad essa sarebbe un modo per cancellare il futuro, non per viverlo. » pi˜ importante allora la capacitý di progettare con uno sguardo strategico, e cercare di misurare la globalitý di obiettivi e risorse, campo e profonditý d'azione, debolezze e punti di forza, vantaggi e difficoltý. La posta in gioco in realtý Ë molto alta: rifiutare il nuovo mezzo significherebbe optare per una scelta di retroguardia assoluta, condannare al nulla la propria disciplina: ma altrettanto comporterebbe un atteggiamento di tecno-mimesi passiva, cioË adattarsi alla macchina e subirne quindi i limiti. La filologia nacque, all'epoca di Zenone e Aristarco, allorchÈ ci si rese conto che l'introduzione della scrittura e la massiccia traduzione di testi orali in forma scritta richiedeva (e permetteva) di affrontare i problemi e correggere gli errori del medium: tuttavia letterati e critici non diventarono allora in massa copisti, nÈ in seguito cartai o stampatori. CosÏ ora dovrebbero sforzarsi di continuare ad applicare le proprie competenze, non dimenticarle a favore di altre: farle interagire con queste ultime, piuttosto, trasformarle, arricchirle, completarle. Le parole, poi, restano strumenti di comunicazione, non sono riducibili a ´datiª.

Vincenzo Bagnoli


nƒ quattro-cinque, maggio 1996


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