Raul Montanari, Sei tu l'assassino, Milano, Marcos y Marcos, 1997, pp. 123, £ 18.000.

Se raccontassimo la trama di questo libro faremmo un torto non solo a Montanari, ma soprattutto ai suoi e ai nostri lettori, in quanto il breve romanzo (il terzo del giovane autore milanese) è costruito fin da subito allo scopo di giocare coi meccanismi del giallo e della finzione; sembriamo addirittura calati nel territorio della metaletteratura nel senso che ogni rigo, ogni capoverso rinvia ad un divertito incastro di citazioni e di parafrasi: se il titolo nasce chiaramente dall'omonimo racconto di Edgar Allan Poe, luoghi, eventi, personaggi appartengono alla grande koinè del mistero e della sorpresa, del noir e del thrilling che le riscritture di tutti i tempi hanno praticato, da Omero a Kafka, da Greene a Roth, passando di recente attraverso il cinema, che, assieme ai prosatori classici e moderni (di cui Montanari è spesso traduttore) è la fonte ispirativa a livello di processo narrante (ad esempio la struttura al contempo lineare frammentaria è ricchissima di colpi di scena). Sei tu l'assassino ci dice comunque che siamo di fronte ad un caso che forse dobbiamo risolvere in prima persona: l'interrogativo sposta l'attenzione dal giallo in senso stretto ai destini del libro, della cultura, del mondo, della comunicazione, invitandoci a riflettere su almeno due fronti. Il primo riguarda, in era medialogica, lo sfruttamento perverso dell'essere umano da parte di un mercato ormai disponibile a mettere in palio la vita stessa pur poter di diversificare la vendita delle proprie merci. Il secondo concerne invece il valore della parola, della letteratura: «Ma ogni tanto bisognerebbe ricordarselo, a cosa servono veramente i libri. Libri per eccitarsi e libri per deprimersi. Per sentirsi intelligenti. Già, libri per illudersi di avere grandi sentimenti, provare grandi emozioni. Avete grande intuito, perché prima ci si sommuove e poi si scopre l'assassino» (p.115). Con un filo d'ironia, alla fine, simbolicamente l'autore si chiede (e ci chiede) delle insidie teoriche e materiali che la pubblicazione di un testo oggi richiede (questo romanzo è anche una satira sul mondo dell'editoria), offrendosi così in pasto al pubblico, ma garantendo un'eleganza di scrittura e una scioltezza affabulatoria che lo preservano dalle insidie della noia, del déjà vu, ma anche delle mode e delle lusinghe commerciali.

Guido Michelone


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w-bol, novembre 1998