English version  Ernesto Livorni
L'Ulisse di Joyce tradotto in italiano.


    Nonostante gli studiosi italiani abbiano iniziato ad interessarsi all'Ulysses in ritardo (la prima traduzione completa è quella approntata da Giulio De Angelis nel 1960, pubblicata da Mondadori insieme all'indimenticabile Guida alla lettura, un volumetto di annotazioni curato dal traduttore e da Giorgio Melchiori), essi si sono impegnati sempre più vigorosamente a quell'epica del quotidiano scritta da Joyce. Una nuova traduzione aggiornata divenne persino più necessaria dopo la pubblicazione del testo corretto dell'Ulysses (preparato sotto la direzione di Walter Gabler: New York - London, Garland, 1984), a cui fece seguito una nuova edizione della traduzione di De Angelis (Milano, Mondadori, 1988), che però lascia piuttosto perplessi. Quindi, appare pienamente giustificata l'annotazione che appare discretamente in testa ai diritti d'autore del volume curato da Bona Flecchia (James Joyce, Ulisse, Versione e note di Bona Flecchia, Firenze, Shakespeare and Company, 1995, pp.683): "La presente traduzione dell'Ulisse non segue la lezione di un solo testo, ma è il risultato di una prospezione e ricostruzione autonoma del testo joyciano condotta e realizzata dalla traduttrice. Una scelta oggi obbligata, davanti alle oltre cinquemila varianti, in sé tutte plausibili, proposte dalla filologia in oltre mezzo secolo di esercizio sul testo di James Joyce".

    Pubblicato in un'elegante edizione da una casa editrice che strenuamente continua l'impresa letteraria di Sylvia Beach (un collegamento sottolineato sia dalla riproduzione della pagina del titolo della versione originale del 1922, che dai due interventi di Aldo Rosselli e di Giuseppe Recchia), il testo è fornito di nove mappe dettagliate di Dublino - ciascuno specifico dei quartieri della città rilevanti per i vari episodi - ed una bibliografia davvero essenziale; l'Appendice riproduce lo Schema Linati e la tavola di Gilbert accanto alle corrispondenze tracciate dallo stesso Joyce tra l'Odissea e gli episodi dell'epica giornata di Leopold Bloom. A dire il vero, tutti questi ingredienti non rappresentano una novità nemmeno per il lettore italiano, ma la loro inclusione è utile per quei lettori che vogliono abbracciare il testo il più possibile nello spazio (attraverso le cartine topografiche di Dublino) e nel tempo (le sequenze temporali presentate negli schemi); e la traduzione di "The Croppy Boy" ("ragazzi che combatterono per la libertà d'Irlanda", come la traduttrice specifica nella nota introduttiva all'episodio "Sirene": p. 648) è una giudiziosa aggiunta all'Appendice. Questo piccolo esempio può fornire una comprensione della chiave ermeneutica sfruttata dalla traduttrice: "Là, il pensiero affiso, attraversa il corso ed entra nel bar Ormond, sul lungo fiume. Qui, dietro il banco di mescita, fiammeggiano Miss Douce dai capelli ramati e la bionda Miss Kennedy, ancora con negli occhi lo spettacolo del passaggio del corteo del viceré: l'eccitante visione del potere". Queste righe sono estrapolate dalla nota introduttiva all'episodio sopra menzionato (p. 648) e tutto sommato non si discostano per il contenuto (sebbene spicchino per maggiore concisione) dalla corrispondente introduzione preparata da Guido De Angelis per la traduzione del 1960. Tuttavia, la caratteristica peculiare risiede nell'attenta considerazione della scena (l'opposizione dei segnali deittici è un punto di riferimento alquanto ovvio); la descrizione cesellata dei dettagli (i capelli di Miss Douce); la selettiva scelta di parole che culmina in alcuni vocaboli di derivazione visibilmente latina; ed infine, la costruzione sintattica che si aggruma verso il culmine della scena. L'"azzardo linguistico", come Giuseppe Recchia lo chiama, con il quale gioca la traduttrice (Bona Flecchia: "un'interprete teatrale di testi shakespeariani, che usa per giunta "parole pirata"": p. XIV) è evidente già nel linguaggio delle annotazioni, giustificando quanto Aldo Rosselli ha da dire a questo riguardo: "Una nuova traduzione che presuppone che anche le maggiori asperità del lessico joyciano siano entrate nella linea del nostro italiano" (p. IX).

    In verità, due sono le maggiori novità e virtù della traduzione di Bona Flecchia. La prima, già menzionata, consiste nella paziente abilità del filologo che comprende la necessità di avvantaggiarsi dell'edizione Gabler per realizzare "il compito del traduttore" (per citare il titolo di quel fertile saggio di Walter Benjamin): un'aderenza al testo che, a sua volta, respinge; un tradimento della parola che è l'ultimo atto d'amore. Sebbene in nessun luogo la traduttrice attesti il suo debito all'edizione del Testo Corretto (in realtà, ella sottolinea l'autonomia del suo progetto, come si osserva nel paragrafo sopra menzionato in cui afferma la sua "prospezione e ricostruzione autonoma del testo joyciano" sostenuta dalla consultazione dei manoscritti conservati nelle principali biblioteche di Londra, Dublino, New York e Washington), il riferimento a quell'edizione appare costantemente.

    La seconda novità, sebbene intrinsecamente collegata alla prima, è in ogni caso molto più interessante dalla prospettiva della traduzione per sé e del compito ad essa assegnata di rendere i ricchi strati del linguaggio di Joyce in quella lingua italiana a lui cosĪ cara. Riferimenti all'episodio "Sirene" sono di nuovo utili; consideriamo i primi righi:

    Proprio l'inizio dell'ouverture dell'episodio offre una ragguardevole opportunità alla traduttrice di elaborare sulla tonalità del linguaggio di Joyce. E` una tonalità che trova il suo sostegno non soltanto nella qualità musicale della lingua italiana, ma anche nella sottolineatura dei toni di colore del linguaggio stesso. Facendo ciò, Bona Flecchia estrae dal testo di Joyce le sfaccettature implicite nell'espressione inglese ("And gold flushed more" diventa "E oro si fece di rosso più intenso": cioè, l'intensità del rossore implicita nel verbo to flush è resa esplicita nella traduzione italiana), o elabora - e davvero arricchisce - il testo originale creando una variazione espansa dell'immagine di Joyce. In questo caso, l'immagine si muove sinesteticamente tra i regni dell'olfatto e della vista ("A jumping rose on satiny breasts of satin, rose of Castille" diventa "Rosa ondulante su serici seni satinati, rosa di Castiglia"), insistendo su un numero limitato di suoni inseriti tra le due occorrenze della rosa ed espandendosi sulla sensazione tattile della stoffa satinata ("SErIcI SENI SaTINaTI").

    Questa traduzione, di cui si sentiva il bisogno, è fortemente indebitata tanto con l'edizione Gabler, quanto con la traduzione De Angelis; resta, comunque, un'impresa di considerevole pregio che aiuta il godimento e la comprensione di uno dei testi fondamentali del Modernismo.


n. due-tre, dicembre 1995 - 1995, n. 2


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