Andrea Battistini
Italianistica in crisi. Nasce una nuova Associazione


La riflessione che alcuni italianisti avviarono più di un anno fa sullo stato delle discipline da loro coltivate ha portato alla convinzione che sia oramai necessario che anche quest'area si doti di una propria associazione che, lungi dall'entrare in competizione con l'AISLLI (Associazione Internazionale per gli Studi di Lingua e Letteratura Italiana), le si affianchi con il diverso ma complementare obiettivo di affrontare non già la cura di periodici congressi scientifici, il cui compito resta ancora affidato all'organizzazione esistente già da mezzo secolo, ma i molti problemi che investono l'italianistica e il suo assetto istituzionale, in una realtà universitaria e più in generale in un contesto culturale in cui essa si vede progressivamente emarginata. Nel prefiggersi un ruolo di rappresentanza delle categorie professionali degli universitari che operano nell'ambito delle discipline afferenti all'italianistica, l'Associazione degli Italianisti (ADI) intende, come recita la bozza di statuto che un'assemblea nazionale sarà chiamata a discutere e ad approvare a metà novembre, «tutelare e rafforzare la funzione istituzionale e culturale delle discipline afferenti all'italianistica, in primo luogo negli ordinamenti universitari, e quindi in ogni sede istituzionale, scolastica e didattica». Molto stretta dovrà quindi essere la collaborazione con il mondo degli insegnanti di scuola media inferiore e superiore, oltre che con gli enti pubblici e privati in vista di un adeguato potenziamento delle risorse finanziarie e strumentali.

Dinanzi alla frammentazione in cui versa oggi l'italianistica e dinanzi al senso di isolamento dei suoi cultori, l'Associazione che sta per nascere intende fungere da polo di aggregazione, da sede privilegiata in cui dibattere insieme le questioni comuni, favorendo lo scambio e la diffusione delle informazioni, nel tentativo di coinvolgere quei non pochi docenti che, disaffezionati o frustrati dalla situazione in cui si trovano le loro discipline, sono da tempo paralizzati dall'inerzia e dall'indifferenza. Alcuni dei problemi da dibattere sono comuni a tutta l'Università italiana: chi può restare indifferente alla scomparsa degli sbocchi professionali e al mancato reclutamento delle forze più giovani, perdurante da oltre un ventennio, mentre la classe docente invecchia senza poter prevedere un suo naturale ricambio? E chi non si pone il grave problema dello sviluppo delle carriere, al cospetto di meccanismi concorsuali inadeguati e di proposte di riforma non meno farraginose, presentate al Parlamento nell'indifferenza quasi totale dei più diretti interessati? Non c'è dubbio che, di là dalle procedure tecniche dei concorsi, appare molto deteriorata la moralità che presiede agli esiti concorsuali, diffusa per ogni area disciplinare, ma particolarmente avvertita nei risultati emessi nei settori dell'Italianistica, che oltretutto soffre della progressiva sottrazione di posti in seno alle facoltà, ove si dovrà ridiscutere con maggiore energia che in passato il suo ruolo rispetto alle altre discipline.

Basterebbe, a questo proposito, scorrere le cosiddette tabelle disciplinari emanate dal Ministero per rivedere l'ordinamento didattico. Qui una Associazione degli Italianisti, per passare dai problemi comuni a tutto l'insegnamento universitario agli aspetti più specifici del settore, non può non intervenire e prendere posizione dinanzi ai curricula che si prevedono, per esempio, nel corso di laurea in lettere, dove, come per i corsi di laurea in lingue straniere, si cerca con molta determinazione di evitare agli studenti la biennalizzazione della Letteratura italiana, da sostituirsi con la scelta di uno degli insegnamenti di indirizzo tra i quali, inspiegabilmente, non figurano né la Letteratura moderna, né la Letteratura contemporanea. Non c'è dubbio che la crisi dell'italianistica in seno alle Facoltà umanistiche risente della perdita della sua centralità dopo che lo sbocco professionale dei laureati in Lettere non è più, oramai, quello dell'insegnamento nella scuola, esclusivo fino a qualche anno fa e oggi quasi annullato dal decremento demografico giunto all'altezza dell'età scolare. Ma questa è una ragione in più perché un'Associazione di categoria promuova incontri in cui discutere delle nuove competenze che l'Italianistica è tenuta a offrire dinanzi a esigenze di mercato in rapida trasformazione. E non diversamente essa deve intrecciare un dialogo ancora più fitto con i docenti della scuola media superiore, per recepirne le esigenze, per formulare le nuove ipotesi didattiche, per rielaborare i programmi, per interrogarsi sulle nuove competenze (non solo letterarie ma anche linguistiche), occorrenti nella realtà attuale. Né andranno trascurate l'editoria e più in generale la multimedialità, veicoli atti a «sostenere e promuovere la ricerca scientifica e la sua diffusione», come recita ancora la bozza di Statuto con cui i promotori della nascente Associazione si presenteranno dal 18 al 20 novembre al Convegno di Pisa sullo stato degli studi letterari in Italia. Se, a detta di un astuto condottiero, l'eccellenza di una situazione dipende dal grande disordine che regna sotto il cielo, non è illegittimo preconizzare con ottimismo il successo della nascente Associazione degli Italianisti, dal momento che viene alla luce in una congiuntura assai sfavorevole alla disciplina, i cui addetti essa chiama ora a raccolta.


n. quattro-cinque, maggio 1996 - 1996, n. 1


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