23 aprile 1972, comizio di Almirante a Udine

 

Due giorni prima del 25 Aprile, data in cui si celebra la caduta della dittatura fascista, in una città medaglia d’oro al valor militare e a quello civile, il sindaco concede la centralissima Piazza XX Settembre per un comizio elettorale del MSI, oratore massimo Giorgio Almirante. La sinistra rivoluzionaria apprende la notizia nelle caserme. Centinaia di copie del foglio “Il fronte orientale” diretto dall’onorevole Ferruccio De Michieli Vitturi, invitano ufficiali e sottufficiali ad essere presenti all’iniziativa, naturalmente in nome del patrio orgoglio. Una provocazione in piena regola. Non solo per i trascorsi di Almirante nella Repubblica di Salò, ma perché la coraggiosa controinformazione, avviata con “La strage di Stato” (il sanguinoso attentato alla Banca dell’Agricoltura di Milano), e poi del tentato golpe di Junio Valerio Borghese, aveva cominciato a delineare con chiarezza la fitta trama di torbidi rapporti tra il MSI, i gruppi eversivi di destra ed i servizi segreti italiani. In Friuli operava dalla fine degli anni Sessanta, un radicato nucleo di Ordine Nuovo, in stretto rapporto con Ordre Noveau francese e capeggiato dall’irriducibile Vincenzo Vinciguerra, che aveva cominciato ad abituare i suoi all’uso delle armi e degli esplosivi. Una serie di attentati dinamitardi in zona, stranamente non rinvennero alcun filone cui essere ricondotti. L’efficiente depistaggio dei carabinieri aveva già risposto “Non ci risulta” alla domanda degli inquirenti se a Udine risultasse presente un ex paracadutista biondo, legato all’estrema destra. Quando Almirante salirà sul palco nell’aprile del 1972, l’aria friulana appare fortemente carica di tensione e di segnali premonitori. Un mese dopo infatti a Peteano, in provincia di Gorizia, una telefonata anonima attira i carabinieri per “un’auto sospetta abbandonata in un campo”. La Fiat Cinquecento, con il cruscotto bucato da alcuni colpi di pistola, è in realtà un’autobomba e appena viene sollevato il cofano tre carabinieri perdono la vita e due restano feriti. Il Colonnello Mingarelli, agli ordini del generale piduista Palumbo, orienta subito le indagini su Lotta Continua, ma poi, vista l’inconsistenza e la comicità degli indizi, la sposta su un gruppo di “balordi” non meglio desiderosi di vendetta nei confronti dell’Arma, ovviamente per torti subiti. Dodici anni dopo, in virtù della confessione di Vinciguerra, le indagini approderanno al nucleo friulano di Ordine Nuovo. A fare la telefonata anonima risulterà essere stato tale Carlo Cicuttini, ordinovista e Segretario del MSI di Manzano (Udine). Giorgio Almirante, rinviato a giudizio per favoreggiamento (aveva agevolato la fuga di Cicuttini nella Spagna franchista e pagato come MSI un chirurgo spagnolo che modificasse le corde vocali del telefonista di Peteano). Neanche cinque mesi più tardi ( 6 ottobre ’72) a Ronchi dei Legionari (Gorizia) avviene il primo dirottamento aereo nella storia dell’Aviazione italiana. Un ex paracadutista di Ordine Nuovo, tale Ivano Boccaccio, con una pistola che poi risulterà di proprietà di Carlo Cicuttini, dirotta un Fokker e tenta di estorcere denaro per fuggire lontano. Morirà colpito a morte dalle forze dell’ordine. Quanto appena ricordato ha solo il fine di articolare le motivazioni di un allarme fin troppo evidente alla sinistra rivoluzionaria. Almirante veniva a Udine per celebrare la sua influenza sul quadro tattico e su quello strategico. A nulla servì provare a convincere il PCI e il PSI. Il primo addirittura, come riportato dall’articolo del “Messaggero Veneto” allegato, pensò bene che i provocatori eravamo noi, e che i comizi dovevano svolgersi in tutta tranquillità. Amen, non rinunciamo a sostenere le nostre ragioni. La mattina del 23 Aprile Udine sembra una città assediata, camionette dei carabinieri che chiedono documenti ai ragazzi, gipponi della Celere di Padova già in Piazza (si sa che se tenuti per ore immobili, e vestiti di tutto punto i ragazzi in divisa cominciano ad innervosirsi). Nel pomeriggio comincia a piovigginare. Ci raduniamo nella vicina Piazza San Giacomo, Saremo un paio di centinaia a urlare “Almirante boia” e “MSI fuorilegge”. Sotto il palco del comizio, come da triste coreografia, comincia a schierarsi il servizio d’ordine di Avanguardia Nazionale di Trieste, noto per le sue scorribande festose a danno dei malcapitati. Un boato accoglie il saluto all’oratore. Dalle vie laterali partiamo di corsa urlando. La celere non rispetta il rito della carica al terzo squillo di tromba e comincia a sparare lacrimogeni ad altezza d’uomo. Il fumo si sposta tutt’intorno. Gli spettatori cominciano a tossire e ad ondeggiare. Imperterrita, la Celere adocchia un folto gruppo di persone ad un centinaio di metri. Peccato che si trattava di normali cittadini, di convinti democristiani che erano andati ad ascoltare l’Onorevole Aldo Moro nella vicina Sala Ajace. Sottigliezze. La Celere manganella con grande lena, esibendo ai fotografi le prede catturate, nessuna delle quali in odore di comunismo. Il parapiglia è massimo e gli organizzatori pensano bene di accorciare il comizio e lasciare quella piazza di lacrime. I baldi esponenti di Avanguardia Nazionale pensano bene di andare a menar le mani nel quartiere più proletario della città, a Borgo Villalta. Una scelta prevedibile, perché vengono accolti con i fiori e i relativi vasi, lanciati loro dai balconi, con convinto trasporto.

(Ferdinando Ceschia)